Noi di Studio Moda Manola siamo appassionati di arte da sempre, soprattutto di arte rinascimentale e moderna (ci piacciono molto Botticelli, Perugino, Antonello da Messina, fra i grandi del ‘400/‘500, oltre a Renoir e Manet fra gli impressionisti).

Fra gli eventi principali del 2019 in Italia, è meritevole di attenzione la Biennale d’Arte di Venezia, una tra le più importanti esposizioni d’arte contemporanea al mondo; arrivata alla sua 58ma edizione, è stata inaugurata l’11 Maggio e terminerà il 24 Novembre.

Questa edizione è curata da Ralph Rugoff, direttore della Hayward Gallery di Londra, e si intitola May You Live In Interesting Times. Il titolo si riferisce a un detto inglese che fa riferimento a una maledizione cinese che augura al nemico di vivere in tempi incerti, di crisi e disordini: interesting times.  Con questo titolo si è inteso, quindi, responsabilizzare il visitatore e l’opinione pubblica nell’affrontare (e possibilmente risolvere) le tematiche del presente: i naufragi nel Mediterraneo, le vecchie e nuove diseguaglianze, il cambiamento climatico, il razzismo, la violenza dei regimi.

Alcune novità

Il curatore ha ridotto il numero degli artisti e dei paesi partecipanti; per la prima volta metà degli artisti sono donne e hanno meno di 40 anni; molte delle opere non sono mai state esposte, cosa che rende la rassegna più contemporanea del solito. Le sedi espositive, come ogni anno, sono i Giardini e l’Arsenale.

I Giardini ospitano il Padiglione Centrale curato da Rugoff e i 29 padiglioni più antichi, come il Regno Unito, la Francia e la Germania. La mostra internazionale è divisa in due parti: Proposizione A, nell’Arsenale, e Proposizione B, nel Padiglione Centrale. Ciascuna sottolinea aspetti diversi – in particolare, l’Arsenale raccoglie opere più grandi e monumentali – e molti artisti sono presenti in entrambe. Rugoff ha raccontato di essersi ispirato al libro di Umberto Eco, Opera Aperta del 1962, perché «porta l’attenzione sulla capacità dell’arte di ispirare nuovi modi di guardare e di comportarsi».

La mostra internazionale è affiancata dalle partecipazioni nazionali, cioè i Padiglioni curati da ogni singolo paese, in tutto sono 90. Quattro paesi – Ghana, Madagascar, Malesia e Pakistan – partecipano per la prima volta, mentre la Repubblica Dominicana era già stata presente ma mai con un proprio padiglione. Mentre, a causa delle vicissitudini politiche degli ultimi tempi, il Padiglione del Venezuela, curato da Carlo Scarpa, è stato allestito in ritardo rispetto all’inaugurazione ufficiale della Biennale.

Il Padiglione Italia

Si trova nell’Arsenale e si intitola Né altra Né questa: La sfida al Labirinto; il titolo si ispira a La sfida al labirinto di Italo Calvino del 1962. Il curatore, Milovan Farronato, già direttore del Fiorucci Art Trust, ha raccolto le opere di tre artisti: Enrico David, Liliana Moro e la compianta Chiara Fumai.

Accedendo al padiglione lo spettatore potrà scegliere il percorso di visita: dove andare, quali sale visitare, dentro quali spazi e progetti perdersi, a cosa dedicare più o meno attenzione. L’idea della ripartizione dello spazio è enfatizzata da diversi artifici teatrali: pesanti tendoni blu, specchi che amplificano e coinvolgono il visitatore nel progetto, specchietti retrovisori segnaletici che indicano la via. Sta al visitatore definire il percorso di visita e rintracciare il filo conduttore nei meandri di un’esperienza che a tratti appare quasi mistica, affascinante.

Non possiamo dimenticare la presenza nella mostra di altre due artiste italiane: Ludovica Carbotta e Lara Favaretto, autrice di Thinking Head, una delle opere più apprezzate della rassegna, una nuvola di nebbia che si alza e avvolge dal Padiglione Centrale, accompagnata da tavole rotonde in un bunker chiuso.

Il Padiglione della Lituania

Si chiama Sun & Sea (Marina)  l’opera delle artiste, e amiche, Rugilė Barzdžiukaitė (regista e filmaker), Vaiva Grainytė (scrittrice) e Lina Lapelytė (artista) – a cura dell’italiana Lucia Pietroiusti – situata nel magazzino della Marina dell’Arsenale.

È il vincitore del Leone d’oro come migliore partecipazione nazionale ed è il Padiglione di cui si è parlato maggiormente: mette in scena una spiaggia finta con persone vere che la vivono: uomini, donne, bambini che leggono, sonnecchiano, giocano con paletta e secchiello, si godono una normale giornata al mare, che tanto normale poi non è perché dall’alto i visitatori li osservano. Gli attori inoltre intonano canti e nenie struggenti.
Sul loro sito è stata lanciata una open call dove si dà la possibilità, a chiunque, di far parte dell’opera: cosa aspetti dunque? Prendi costume da bagno e asciugamano, compila il modulo e partecipa anche tu.

Gli artisti vincitori

La giuria ha consegnato il premio alla carriera a Jimmie Durham, presente con i suoi oggetti assemblati all’Arsenale, mentre il Leone d’Oro per il miglior partecipante è stato consegnato allo statunitense Arthur Jafa per The White Album, che mette insieme filmati che raccontano la violenza dei bianchi sui neri, affiancati alla testimonianza di un suprematista bianco.

Il Leone d’argento per l’artista più promettente è andato al cipriota Haris Epaminonda e poi ci sono state due menzioni speciali: una alla messicana Teresa Margolles, che ha portato nel Padiglione Centrale un blocco del muro di Ciudad Juarez, una delle città più violente al mondo; l’altra, alla nigeriana Otobong Nkanga.

Due delle opere di cui si è parlato e si parla di più sono del duo di artisti cinesi Sun Yuan e Peng Yu. Installazioni enigmatiche e ironiche al contempo: Can’t Help Myself e Dear sono pensate “per suscitare meraviglia e tensione nel pubblico”.
La prima è un robot industriale rinchiuso in una gabbia trasparente e intento a pulire da terra, senza successo, un liquido vischioso rosso simile al sangue. La seconda invece è un trono romano in silicio bianco da cui spunta uno sferzante tubo di gomma, separati dall’ambiente circostante da una teca in plexiglass.

Barca Nostra

Infine, una menzione speciale per una delle installazioni più controverse, allestita all’Arsenale dall’artista svizzero-islandese Cristoph Büchel: Barca Nostra.
Si tratta del barcone affondato il 18 aprile del 2015 nel Canale di Sicilia, in acque internazionali. È stato il naufragio più impressionante e grave tra quelli registrati nel Mediterraneo negli ultimi anni. Times interesting i nostri, come scritto prima, fatti di disperate migrazioni, di tensioni geopolitiche, di una cieca propaganda razzista, di muri eretti.

L’opera è un maestoso ready-made posto a favore di sguardi, di memoria, di riflessioni generate in seno allo spazio urbano dell’Arsenale. È una presenza che silenziosa disturba il visitatore, lo induce a fare i conti con il proprio presente. È  l’imposizione della verità, di un fatto reale e realmente accaduto.

Nessuna mediazione, nessuna didascalia, nessuna spiegazione. Solo il gesto dell’artista che mette in scena il reale, un suo frammento, una sua dolorosa ferita.

Come possiamo apprendere da questa prima sintesi della rassegna, di cui in prossimi articoli vi mostreremo immagini di reportage e altri contribuiti raccolti dai nostri redattori Daniele Agostini e Maria Sciotto, l’arte contemporanea, come la moda, dialoga con il passato e il presente in un interscambio continuo di suggestioni, sensibilità, emozioni, prese di posizione. E mai come in questi ultimi anni, in cui il surriscaldamento globale è ormai un dato di fatto accertato, con gli eventi che abbiamo potuto registrare a livello planetario, molti dei marchi più noti hanno intrapreso politiche di responsabilizzazione.

In questo senso, un esempio significativo è la campagna del brand Patagonia in cui promuove un acquisto consapevole di un nuovo capo, solo dopo essersi accertati che un capo vecchio non possa essere riparato. E lo ha fatto organizzando un roadshow in varie città, con campagne social mirate, per mostrare al pubblico interessato come riparare i loro capi danneggiati.

Ma di esempi simili, di brand innovativi nell’approccio e nelle scelte di responsabilità sociale, ne possiamo contare numerosi e anche di questi avremo occasione di parlare più approfonditamente in altri articoli del nostro neonato magazine.

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Buona Estate, a presto!